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OBJEKTOID (comp.) Justo Fernández López Diccionario de lingüística español y alemán
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Vgl.: |
Satzglieder / Objekt |
„Mit dem Terminus ‚Objektoid’ habe ich in der Arbeit Das Objektoid. Eine neue syntaktisch-funktionale Kategorie, aufgezeigt anhand des Italienischen (Wilhelmsfeld: Efert, 1996) die präpositionalen Objekte bezeichnet, die nicht Dativobjekte sind. Der Terminus ‚Objektoid’ findet sich im Übrigen schon bei K. R. von Ettmayer, 1919, «Satzobjekte und Objektoide im Französischen», Zeitschrift für französische Sprache und Literatur 45, 319-340, bezeichnet dort aber nicht Satzkonstituenten mit einer ganz bestimmten syntaktischen Funktion, sondern «objektartige verkürzte Nebensätze», die, so Ettmayer, von den «reine(n) Satzobjekte(n)» zu unterscheiden seien. Konkret gemeint sind eingebettete, im besonderen infinitivische Sätze.”
[Siller-Runggaldier, Heidi: “Verben mit variablem Rektionsverhalten (Subjekt + direktes Objekt / Objektoid) im Italienischen und Französischen”. In: Kramer, Johannes / Niederehe, Hans-Josef (Hg.): Romanistik in Geschichte und Gegenwart, 4, 2 (1998), Hamburg: Helmut Buske Verlag]
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„Mit dem Begriff ‚Objektoid’ wird eine syntaktische Funktion gekennzeichnet, die unter den syntaktischen Funktionen wohl am schwersten genauer zu bestimmten ist, nicht zuletzt deshalb, weil sie gegenüber jener des Adverbiales nicht immer klar abgrenzbar ist. Der Begriff des ‚Adverbiale’ wird hier für die Umstandsbestimmungen, die sogenannten ‚circostaziali’ eingesetzt, wobei kein Unterschied zwischen obligatorischen und fakultativen Satzgliedern dieser Art gemacht wird.
Der Übergang zwischen beiden ist nämlich oft fließend und erlaubt daher keine scharfe Grenzziehung. Obwohl für das Objektoid in den italienischen Grammatiken im allgemeinen nur sehr vage Hinweise geliefert werden bzw. oft erst gar nicht explizit darauf eingegangen wird, kehrt es doch in den einzelnen Satzanalysen wieder, wenn auch unter den verschiedensten Etiketten.
Hier soll nun geprüft werden, ob für das Objektoid mit Hilfe der Pronominalisierung und der Präpositionssubstitution Abgrenzungskriterien gegenüber dem Adverbiale gewonnen werden können. Im konkreten soll danach gefragt werden, ob zwischen dem Objektoid und dem Adverbiale Unterschiede im syntaktischen Verhalten bestehen, die anhand ihrer Pronominalisierung sowie anhand der Substitution der si einleitenden Präposition aufgezeigt werden können. Bei komplementärem Verhalten sollen die Grenzen zwischen beiden genau nachgezeichnet werden.
Als Objektoide werden Satzglieder vom Typus ‚discutere di politica’, ‚convenire sull’opportunità di qc.’, ‚riempirsi di tristezza’, ‚avvezzare qcu. all’ubbidienza’ usw. eingestuft. Dafür findet man gelegentlich auch den Begriff ‚Präpositionalobjekt’, unter den aber auch dativische Satzglieder mit Objektcharakter subsumierbar sind. Letztere sind an ihrer Pronominalisierbarkeit durch dativische Klitika (regalare qc. a qcu. > regalargli qc.) erkennbar, wie weiter unten noch zu zeigen wird. In dieser Arbeit werden sie als Dativobjekte von den Objektoiden abgehoben.“
[Siller-Runggaldier, Heidi: „Die Pronominalisierung und die Präpositionssubstitution: zwei Testverfahren zur Abgrenzung von Objektoiden und Adverbialia im Italienischen?“. In: Romanistisches Jahrbuch. Band 42, 1991, S. 52]
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„Wie ist nun abschließend die im Titel der Arbeit gestellte Frage, ob die Pronominalisierung und die Präpositionssubstitution Testkriterien zur Abgrenzung von Objektoiden und Adverbialia darstellen, zu beantworten? Eigentlich nur mit einem eingeschränkten Ja. Eindeutig als Objektoid sind jene Präpositionalphrasen einzustufen, für die ci/vi oder ne einsetzbar sind, die in dieser Funktion von ci/vi oder ne in anderen Funktionen aufgrund eines Ersatztests abgehoben werden können. Für jene Präpositionalphrasen, die nicht aufgrund eines Austausches mit ci/vi oder ne als Objektoide erkennbar sind und die, wie verschiedene Adverbialia auch, nur durch eine Pro-Form der zweiten Reihe pronominalisiert werden können, bietet sich ein Test an, der in der Prüfung der Substituierbarkeit der Präposition besteht. Ist diese nicht austauschbar, liegt mit größter Wahrscheinlichkeit ein Objektoid vor, ist sie hingegen austauschbar, ein Adverbiale. Allerdings ist dieser Test nicht immer so eindeutig, wie er es zunächst zu sein scheint. Für letzte Zweifelsfälle müssen daher andere Identifikationskriterien herangezogen werden.“
[Siller-Runggaldier, Heidi: „Die Pronominalisierung und die Präpositionssubstitution: zwei Testverfahren zur Abgrenzung von Objektoiden und Adverbialia im Italienischen?“. In: Romanistisches Jahrbuch. Band 42, 1991, S. 65]
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Das Objektoid im Italienischen
Erkennungsmöglichkeiten:
1. Ersatz durch die unbetonten Pronomina ci / vi oder ne oder durch betonte Pronomina mit Präposition.
2. Erfragbarkeit durch Präposition + Fragepronomen (Di che cosa stanno discutendo i tuoi amici? Di chi stanno parlando i tuoi amici?)
3. Position: a) bei intransitiven Verben unmittelbar nach dem Verb; b) bei transitiven Verben nach oder vor dem direkten Objekt (Hanno munito (di un fucile) i soldati (di un fucile).
4. Kasus: keine Kasusmorpheme; der Kasus wird mit Hilfe der Präposition gekennzeichnet.
5. Relativisierung durch Präposition + Relativpronomen cui / quale (Il problema di cui / del quale stanno dicutendo ... Ir ragazzo del quale stanno parlando ...).
6. In einem Satz können auch zwei Objektoide auftreten (Gianni ha conversato di politica con Anna. Emerge su tutti per la sua statura morale. Gianni torreggia su tutti con la propria statura.)
Formale Ausprägungen:
1. Präposition + Substantiv, Eigenname
2. Präposition + betontes Pronomen (auch Reflexivpronomen: Parla solo de se.)
3. Unbetonte Pronomina ci / vi oder ne
4. Präposition + jegliche Substantivierung: Abbiamo parlato del perché di questo suo comportamento.
5. Präposition + mehrgliedrige Lexeme, Syntagmen, Satzteile: Beneficiamo di una grossa somma che il padre ci mise a disposizione due anni fa.
6. Ganze Sätze: a) explizite Gliedsätze, eingeleitet durch che: Dubito che sia in grado di fare questo compito. b) implizite Gliedsätze, eingeleitet durch di oder a: Dubito di essere in grado di fare questo compito. Assento ad accettare questa proposta.
Semantik:
1. Patiens: No smettono di beffarsi di Gianni.
2. Instrument: Per uccidere la belva si è munito di un fucile.
3. Partner: Si è sposato con un industriale.
4. Objekt der Trennung: Si è diviso dalla famiglia.
Beispiele:
Gianni è stato incolpato di furto.
Riferimo riguardo a quella questione.
Si discusse intorno agli (sugli) ultimi avvenimenti.
Si sono assoggettati alla sua autorità.
Si è consacrato a Dio.
Si paragona sempre con i magliori.
Hanno congiurato contro il re.
E’esploso in lacrime.
Ha rovesciato insulti sul proprio figlio.
Ti attendo al bar.
Hanno viaggiato per dieci ore di seguito.
L’Adige sfocia nel Mar Adriatico.
Appena ieri siamo partiti da Milano.
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„Dato che i cambiamenti di valenza si riflettono nel numero e nel tipo dei costituenti frasali, sarà utile, a questo punto, dare una breve spiegazione di come saranno interpretati in questo lavoro i rispettivi concetti di ‘oggetto diretto’, di ‘oggetto dativo’, di ‘oggettoide’ [1] e di ‘avverbiale’. Si tratta di parti del discorso con una precisa funzione nella frase, assegnata loro dal verbo attraverso il tipo di relazione stabilito con essi. Sono quindi delle variabili che colmano caselle vuote ben distinte fra di loro.
L’oggetto diretto, chiamato così perché segue immediatamente il verbo, è identificabile come tale attraverso la sua possibilità di essere pronominalizzato con un pronome clitico accusativo. Dal punto di vista semantico, esso indica un’entità affetta dall’eventualità [2] espressa dal verbo, di modo che questa ne risulta in qualche modo alterata ossia modificata. Nello stesso tempo quest’entità rappresenta il tema dell’eventualità in quanto ne specifica il partecipante implicito, senza la cui presenza essa non potrebbe compiersi. Un’entità particolare è costituita dall’oggetto creato che viene a costituirsi con l’eventualità espressa dal verbo, in quanto ne rappresenta il risultato. L’entità indicata con l’oggetto diretto può essere animata e inanimata, definita e indefinita, referenziale e non-referenziale, e costituire come paziente il soggetto della corrispondente costruzione passiva.
L’oggetto dativo si riconosce dalla presenza della preposizione a e dalla sua possibilità di essere pronominalizzato tramite clitici dativi, riflesso questo, in superficie, del suo particolare ruolo semantico-concettuale. Esso infatti indica un’entità che è colpita dall’eventualità espressa dal verbo, senza però subirne delle modificazioni. E’ caratterizzata da animatezza, agentività e partecipazione – infatti partecipa attivamente all’eventualità espressa dal verbo – e ricorre di solito in costruzioni che implicano risultatività. I ruoli tematici ricoperti dall’oggetto dativo possono cambiare a seconda dello specifico significato del verbo, fra la variante di destinatario (Paolo regala una cioccolata a Mario), di beneficiario (Paolo pulisce la macchina a Mario), di esperiente (Questo film piace a Mario), di corrispondente (Paolo assomiglia a Mario). Alla base dei vari oggetti dativi si può individuare una relazione del tipo AVERE (se Paolo regala una cioccolata a Mario, terminata questa transazione, Mario è in possesso di una cioccolata, quindi ne HA una) o di corrispondenza (se Paolo assomiglia a Mario, Paolo e Mario si assomigliano). Vediamo quindi che l’oggetto dativo esprime un soggetto soggiacente che a ogni momento può essere reso esplicito in superficie.
Gli oggettoidi, a loro volta, sono caratterizzati formalmente dalla presenza di un numero ristretto di preposizioni che hanno perso il loro significato locale concreto assumendone uno di tipo traslato ossia astratto: da elementi lessicali le preposizioni si sono dunque evolute a elementi grammaticali. Ciò si manifesta in modo particolarmente vistoso nel fatto che sono rette dal verbo e quindi assegnate da questo al costituente che introducono in maniera idiosincratica, per cui sono poco predicibili. E’ per questo che fra le lingue spesso non sussiste concordanza riguardo alla loro scelta. [3] Per il loro carattere di elementi fortemente dipendenti dal verbo, le preposizioni nella maggior parte dei casi non sono sostituibili da altre preposizioni, per cui possono essere interpretate quasi come degli affissi posposti al verbo. Questo forte legame fra verbo e preposizione può essere reso con la formula: (V + Prep) + SN (dedicarsi all’assistenza dei malati, identificarsi con il personaggio che si interpreta, insorgere contro la tirannia, assolvere qcu. dal giuramento, giudicare delle azioni altrui, dividersi fra il lavoro e la famiglia, esplodere in una protesta, riservare qc. per la conclusione, piombarsi sui ladri in fuga, orientarsi verso un lavoro manuale ecc.). [4] Anche se, come si può vedere da questi esempi, le preposizioni mantengono ancora un resto del loro significato originario, non sono esse ad assegnare agli oggettoidi il loro valore semantico, ma il verbo. Quest’ultimo infatti proietta negli oggettoidi i suoi tratti semantici relazionali, ottenendo così la propria saturazione semantica. In questo processo, il verbo si serve della preposizione come di un elemento che trasmette agli oggettoidi componenti semantici ad esso inerenti, ma che nello stesso tempo vi lascia pure una sua propria traccia semantica, visto che è provvista ancora di un resto di significato autonomo. Questa traccia semantica si manifesta nel carattere localistico degli oggettoidi, e contribuisce a determinarli riguardo alle tre relazioni locali fondamentali del DOVE in senso dinamico (moto a luogo), del DOVE in senso statico (stato in luogo) e del DA DOVE in senso dinamico (moto da luogo). Queste relazioni assumono diverse sfumature, a seconda della preposizione richiesta dal verbo. La più varia è la relazione dinamica del DOVE, in quanto può essere indicata dalle preposizioni a, contro, fra/tra, in, per, su, verso. Con le preposizioni di, a, in, per, su anche la relazione statica del DOVE può essere resa con accenti diversi. La relazione del DA DOVE invece si esprime con la sola preposizione da. La preposizione con ha uno status particolare: indica un legame fra due o più partecipanti che si protrae nel tempo lungo un cammino limitato o non-limitato. Quindi anche questa preposizione conferisce all’oggettoide che introduce un carattere localistico. Data la presenza di una preposizione e dato l’aspetto localistico che ne risulta, gli oggettoidi hanno un carattere meno specificamente oggettivale che gli oggetti diretti e gli oggetti dativi. Ciò si manifesta pure nel fatto che i loro referenti risultano essere meno affetti dall’eventualità espressa e meno coinvolti in essa. Non subiscono quindi forti effetti o modificazioni da parte dell’entità espressa dal soggetto. Il grado di affezione e di coinvolgimento nell’eventualità però possono variare e diminuiscono chiaramente, se questa non raggiunge il suo oggetto. Su come l’oggetto viene colpito dall’eventualità, oltre al grado di transitività semantica del verbo, ci informa, come abbiamo già visto, la preposizione.
Gli avverbiali infine, oltre che con avverbi, possono essere realizzati con sintagmi preposizionali. In collegamento con gli avverbiali, le preposizioni mantengono il loro carattere originario di elementi lessicali, vale a dire di elementi indicanti relazioni concrete. Sono quindi in grado di trasmettere agli avverbiali i loro propri tratti semantici, il che permette di sottocategorizzare questi ultimi in avverbiali di tempo, di luogo, di modo, di causa, di fine ecc. Come elementi lessicali, le preposizioni non vengono stabilite dal verbo, non sono dunque rette da esso, ma sono inserite nell’avverbiale a seconda del tipo di relazione stabilita con il mondo extralinguistico, come si può vedere dal seguente esempio: Paolo nasconde la bambola di Maria sotto/dietro/su/in un armadio. Siccome sono fattori extralinguistici e non fattori intralinguistici a determinare la selezione della preposizione, questa nella maggior parte dei casi è predicibile. Diversamente dagli oggettoidi, per i quali la rispettiva preposizione deve essere memorizzata con il verbo reggente, la scelta della preposizione con gli avverbiali è deducibile da premesse ontologiche, ossia risulta più o meno logicamente dal rapporto stabilito con il mondo extralinguistico. La formula che sintetizza questa situazione sarà quindi la seguente: V + (Prep + SN). Mentre gli oggetti diretti, gli oggetti dativi e gli oggettoidi sono sempre costituenti necessari perché richiesti dalla valenza dei verbi reggenti, gli avverbiali nella maggior parte dei casi sono facoltativi. La facoltatività presso gli avverbiali è però un parametro graduabile. Andrebbero quindi stabiliti e distinti di caso in caso i diversi gradi di coesione che sussistono fra gli avverbiali ed il rispettivo verbo.“
[Heidi SILLER-RUNGGALDIER, in Fra semantica e formazione delle parole: i cambiamenti di valenza verbale, erscheint in „Italienische Studien“, Wien]
[1] Per un’analisi dettagliata di questi costituenti cfr. Siller-Runggaldier (1996).
[2] In concordanza con Chierchia (1997) usiamo il termine ‘eventualità’ come iperonimo per indicare indistintamente i gruppi principali delle classi azionali verbali: gli ‘stati’, percepibili come una pluralità di stati istantanei che sussistono, e gli ‘accadimenti’, differenziati a loro volta in ‘eventi’ che sono telici, in quanto dotati di un punto di culminazione intrinseco, e in ‘processi/azioni’ che sono atelici, in quanto non dotati di un solo punto di culminazione inerente, ma di un insieme di culminazioni omogenee; queste ultime sono identiche al risultato stesso del processo e consumano tempo, per cui i processi da esse costituiti possono essere interrotti a ogni momento.
[3] Come esempi valgano i seguenti verbi italiani ed i loro corrispondenti tedeschi: risentire di – leiden unter, meravigliarsi di – sich wundern über, schifarsi di – sich ekeln vor, sapere di – schmecken nach, curarsi di – sich kümmern um ecc.
[4] Che la preposizione funga come un affisso legato al verbo, formando con questo quasi un nuovo lemma, è riconoscibile tra l’altro da coppie in cui essa contribuisce a stabilire una chiara distinzione di uso: mentre ammalarsi usato senza la specificazione introdotta dalla preposizione permette un uso sia perfettivo/telico (Marco si è ammalato) che imperfettivo/iterativo (Marco si ammala spesso), usato insieme alla preposizione permette invece il solo uso perfettivo/telico (Marco si è ammalato di colera).
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„De cuanto venimos diciendo, se podrá deducir que, para nosotros, la valencia es una relación entre el verbo y sus ‚magnitudes’, de carácter básicamente semántico, pero con incidencia sintáctica; es decir, una relación semántico-sintáctica, pero no biunívoca ni paralelamente reflejada en los dos planos del signo. Queremos con ello decir que, aunque tengamos un verbo con dos valencias, la segunda de ellas no tiene por qué realizarse necesariamente como complemento directo o implemento, sino que puede aparecer, por ejemplo, con estructura sintáctica de complemento prepositivo (Ej.: Residimos en Valencia durante dos años), o como un suplemento (Estuvimos discutiendo de política toda la tarde). Mas atendiendo a este punto de vista actancial, que nos parece fundamental, podemos distinguir con Helbig tres tipos de actantes, que nos señalarán otros tantos complementos: actantes obligatorios, actantes opcionales o facultativos y complementos libres. Como ya dijimos, para nosotros el sujeto tiene otros rasgos diferenciadores, que nos permite dejarlo a un lado, aun cuando sea el auténtico actante obligatorio por antonomasia.
Refiriéndonos a los complementos, podemos caracterizar a los actantes obligatorios como aquellos elementos necesarios para el funcionamiento gramatical del verbo, cuya ausencia provoca una estructura agramatical y no aceptable (Ejs.: Ayer regalé un libro a mi hermano; Estos resultados proceden de las investigaciones del laboratorio; Residimos en Madrid ...). Como se ve, la forma de expresión sintáctica es diferente en cada caso; pero todos ellos tienen en común ese carácter de imprescindibilidad semántico-sintáctica.
Los actantes opcionales o facultativos son igualmente necesarios para la configuración comunicativa del verbo, para el ‹plan verbal›; pero su ausencia no provoca una oración agramatical (Ejs.: El perro come la carne; Hablamos de política durante horas; El muchacho está tumbado en la cama). Asimismo vemos que es posible representarlos con diferentes estructuras sintácticas o morfosintácticas.
Llamamos complementos libres a aquellos que no son necesarios para la estructura oracional, ni para el ‹plan verbal›, no están unidos directamente al verbo y pueden aparecer en número indeterminado aportando muy diversos contenidos a la oración. El que no sean necesarios para la estructura oracional no impide que textualmente puede ser unidades de máximo relieve en el mensaje: Ejs.: Viajamos a Madrid el 20 de mayo.
Estos coinciden, en gran parte, con los auténticos complementos circunstanciales o aditamentos.
Es claro que los dos primeros grupos coinciden con los argumentales de Dik; pero los complementos libres no se corresponden ni con todos los no argumentales, ni con los marginales. Las ópticas y los enfoques son distintos. [...]
Los complementos libres pertenecen a otro nivel de estructura de contenido, superpuesto al de las auténticas valencias, y que puede realizarse en la estructura superficial o no, según el interés comunicativo del emisor, pero no por exigencia semántica del contenido nuclear, o sea, del verbo.
Estos complementos libres, pues, no configuran valencias, sino unidades funcionales ocasionalmente simbióticas con aquellas.“
[Hernández Alonso, César: Nueva sintaxis de la lengua española. Salamanca: Ed. Coleg. de España, 1995, pp. 140-142]
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